
Remo Rapino
Di nome faceva Arturo
Primo premio Narrativa
edita 41a edizione del "Premio Città di Cava de’ Tirreni "
anno 2025
Descrizione
Arturo Sabatini, manovale a
giornata, grazie all’incontro con altri incredibili personaggi, tra cui una
bibliotecaria miope, un filosofo di strada, un architetto anarchico, un vecchio
rilegatore e un cane zoppo, decide di dedicarsi al progetto di costruire una
biblioteca, un luogo, cioè, capace di trasformare lo stato delle cose e
diventare un salvifico appiglio per quanti, pur a fatica, resistono in terra, aggrappandosi
ai fragili bordi dei sogni. A questo d’altronde servono i libri, a sfogliare le
storie infinite che uomini del mondo raccontavano ad altri uomini dello stesso
mondo, perché ognuno riconquistasse la propria vita con la ragione e con la
forza dell’innocenza. Una specie di miracolo, roba da tirarci su un santuario.
L'Autore

Remo Rapino è nato nel 1951 ed è stato
insegnante di filosofia nei licei. Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti
Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La
profezia di Kavafis (Moby-dick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera
(Tabula Fati 2017).
Nel 2019 pubblica, per la
casa editrice romana minimum fax, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio
Liborio. Il romanzo intende raccontare uno spaccato del Novecento attraverso
lo sguardo del protagonista, Bonfiglio Liborio, considerato una «cocciamatte»,
ossia il matto del paese. L'opera si è aggiudicata l'edizione 2020 del Premio Campiello ed
è risultata finalista al Premio Napoli e
candidata al Premio Strega. Il documentario Gli occhi di Liborio, ideato dal giornalista
Carmine Perantuono, diretto da Antonio D’Ottavio e ispirato al romanzo,
consente a Rapino di vincere il premio speciale di letteratura ai premi Flaiano 2021. Nel 2021, riceve
il Premio Culturale MuMi e il Frentano d'oro. Nel 2022, sempre
dal romanzo Vita, morte e miracoli di Bonfiglio
Liborio, viene realizzato lo spettacolo teatrale L'ultima notte
di Bonfiglio Liborio, con le musiche e la regia di Davide Cavuti,
interpretato da Pino Ammendola e dallo stesso Rapino, e
prodotto dal Teatro stabile d'Abruzzo e da MuTeArt
Produzioni.
Leggi l'incipit
Il primo libro della sua vita Arturo Sabatini,
ribattezzato Ciacià per il suo tartagliare parole, lo incontròtornando a casa dopoil lavoro al cantiere. Erano giorni di fiato grosso,di sabbie e cementoin spalla tra silenziose imprecazioni, ripensamenti e voglia
di vita altra. Stavano tirando su il nuovo viadotto che, insieme ad altri mostridi cemento e ferro, intrecciava volteggi, curvature e arcate da un punto all’altro della grande
città di Portonovo. Il libro aspettava sul tronco tagliato di un albero malato, indifesodalla ventilara dellasera, che ne girava le pagine
avanti e indietro come farebbe un lettore curioso di sapere in che modo finisse
la storia.
I fogli frullavano come le ali esauste dei passeri a
fine giorno, quando all’improvviso lasciano i rami per altri luoghi, quelli che gli uomini legati alle certezzedi terra riesconoa malapena a immaginare. Quel
rumore che sapeva di volo sembrava si levassenell’aria apposta per richiamare l’attenzione di qualche passante
casuale. E in quel punto per caso passò Arturo, manovale a giornata, anni di
fame, dolori e fatica, storto d’ossa e d’anima, a leggere bonarellosì e no. Il ritornoa casa era per lui un’occasione
di riposo, perciò camminava lento, sciancando i ciottoli della strada per via
di quella benedetta gamba destra più corta dell’altra. Gli stava sempre in
mente quello sciancamento di gamba come un cattivo compagno impossibile da
evitare, di quelli che ti si attaccano addosso proprio quando si desidera stare
soli e non se ne vanno neanche a male parole ea calci nel culo, un puzza puzzafastidioso, di quelliche ti ronzano intorno fino a farti allanganire di brutto.
Arturo Sabatini avrebbe voluto volare. Gli veniva di
pensare a Gigi Meroni, la farfalla granata che giocava con la maglia numero
sette, quella che ti spinge al margine estremo del campo, dove è più facile
avvertire una piacevole, inspiegabile solitudine, quello più vicinoal cuore allegrodello stadio CinquePini. Qualcuno ben informato raccontava che ogni tanto Gigi Meroni avrebbe voluto saltare tutti gli avversari, la recinzione, le gradinate, il pubblico
tutto un osanna, e poi la gentein giro per strada, gli autobus, le panchine e gli alberi,gli uccelli e i fili della luce per tornarsene a giocare tra i bambini poveri
del suo paese, con una palla di pezze, a piedi nudi, solo per vederli
sorridere, fosse pure una volta sola. Così gli parlavaancora l’anima lontanadell’infanzia, quasi per tenere fuori dal cuore quella inspiegabile paura che i sogni morissero in autunno.
La parola alla Giuria
Un libro che si legge tutto d'un fiato, avvincente e
intrigante, che sa di buono, di sogno e fatica, di candore e tormento, di amore
e dolore, di provvisorio ed eterno, di finito e infinito, di reale e surreale
insieme, in un variegato caleidoscopio di sentimenti e sensazioni e in una
ricerca della Parola, che non dice né significa semplicemente, ma è essa stessa
sostanza e potenza, lògos che si fa carne. Un modo nuovo di raccontare e
scrivere, per dare vita a un romanzo sui generis, dove il protagonista, il
manovale Arturo, decide di costruire una biblioteca, un luogo "capace di
diventare un salvifico appiglio per quanti, pur a fatica, resistono in terra,
aggrappandosi ai fragili bordi dei sogni". L'autore sottolinea la forza e
il potere della cultura, dei libri e della lettura, che restano elementi
fondamentali e imprescindibili in una società civile.
Maria Olmina D’Arienzo
Booktrailer
Booktrailer del libro «Di nome faceva Arturo» di Remo Rapino
Realizzato dalla Classe V C del Liceo Scientifico A. Genoino
Tutor prof. Erminia d’Auria
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