E ora vi racconto Cheikh

Emanuela Nava - Illustrazioni di Anna Sutor

E ora vi racconto Cheikh

Descrizione

Questa è la storia di Cheikh Diattara, nato a Diender, in Senegal. Sarto raffinatissimo, musicista di tamburo e campione di basket in carrozzina. Cheikh da piccolo è stato affetto dalla poliomielite e dunque si sposta in carrozzina e con le stampelle. È più veloce di una gazzella quando sfreccia lungo le strade di Milano, che ora è diventata la sua città. Cheikh ha le mani sante, di quelle che, quando cuciono, ago e filo è come se danzassero. E questa sua abilità è diventata mestiere. Prima in Africa, nella sua terra, dove ha imparato l’arte del cucito. E ora Milano, dove nel quartiere Isola, insieme a Valeria ha aperto Kechic, una piccola sartoria sociale. Gli abiti di Cheikh sono belli ma hanno qualcosa di unico e irripetibile: l’intreccio di materiali, stoffe e stili sigla l’incontro e la contaminazione tra mondi diversi e lontani come lo sono l’Italia e il Senegal. Quando le diversità riescono a parlarsi, nasce qualcosa di unico e di sorprendente. E anche di molto elegante.

Nel 2023 E ora vi racconto Cheikh si è aggiudicato il Premio Simonetta Lamberti sezione Narrativa Ragazzi nell’ambito del Premio Letterario Città Cava de’ Tirreni.

L'Autrice

E ora vi racconto Cheikh

Emanuela Nava

 Emanuela Nava è nata a Milano, dove vive e lavora. È stata sceneggiatrice televisiva per l’Albero Azzurro, il programma tv della Rai per i più piccoli. Ha pubblicato numerosi libri per bambini e ragazzi. Ha vinto diversi premi, tra cui il Grinzane Cavour Junior. Ama viaggiare e ama molto l’Africa, spesso presente nelle sue storie: dopo avere conosciuto il continente africano, infatti, è rimasta affascinata dal senso di magia che vi regna, dal carattere solare dei suoi abitanti, che affrontano in modo leggero, quasi con ironia, le difficoltà della vita.


Anna Sutor

Architettura, natura, moda, food, infanzia e attualità, sono molteplici i temi e i soggetti che Anna Sutor affronta con la sua tecnica molto personale, dall’inconfondibile tratto capace di far prendere vita alle sue immagini misteriose e ironiche al tempo stesso, sempre raffinate.

Leggi l'incipit

Buongiorno, mi vedete? Sono seduto e vi sto sorridendo tra i tessuti della nostra sartoria. Mia e di Valeria.
Mi chiamo Cheikh e sono nato a Diender, dove la sabbia profuma di fiori e i vestiti cuciti con i ritagli di stoffa portano fortuna. Anche la mia vita è un tessuto di ritagli. Una trama che con i suoi disegni mi ha sospinto molto lontano. Ma è anche un intreccio di fili che ha legato il mio cuore al cuore delle persone che amo.

«Cheikh», mi diceva la nonna, «il tuo nome significa Maestro.»
Avevo otto anni. Mi ricordo il suo ampio abito di stoffa gialla con i piccoli disegni di arachidi. E il grande turbante che le copriva il capo.
Eravamo seduti sulla riva dello stagno. Non era piovuto abbastanza nella stagione delle piogge e i banchi di pesci azzurri guizzavano quasi intimoriti nelle pozze d’acqua. Sul prato si muovevano a coppie gli amaranti dal becco rosso, pronti, al minimo fruscio, a spiccare il volo. Attorno, dove crescevano lente le canne delle paludi, una cicogna sellata muoveva passi vigili.
 «Il tuo nome significa Maestro che insegna», ripeté la nonna.
Ricordo che la guardai con molta serietà. «Posso essere chiamato Maestro anche se sono così piccolo?»
«Sì», rispose lei, accarezzandomi i capelli intrecciati. «Persino se non vado più a scuola?», aggiunsi.
«La farfalla non conta gli anni, ma gli istanti. Puoi essere Maestro e insegnare a te stesso a riconoscere i momenti di felicità.»
 A mia nonna piacevano i proverbi. Spesso mi rispondeva con una bella frase o con una storia. A volte persino con una canzone. Cantava parole che evocavano gli spiriti del vento, dell’acqua e degli alberi. Cantava imitando il canto degli uccelli. Ricordo anche quando ballava con le altre donne nel cortile dove si affacciavano le case di terra e paglia della nostra famiglia. Era sempre lunedì, perché il lunedì è il giorno in cui non si lavora nei campi.

E allora bastava che una zia o una cugina portasse la mano davanti alla bocca e poi, battendo su un secchio, iniziasse a fare oscillare velocemente la lingua, perché si alzasse l’urlo che dava inizio alle danze. Gli uomini stavano in disparte. Noi bambini assistevamo al ballo, percuotendo qualsiasi cosa. Anche i catini e le zucche vuote diventavano tamburi sabar. Nel ritmo della musica e delle voci che vibravano sempre più forte, le donne formavano un cerchio magico, in cui entravano, tra le risate e le urla di incitamento delle altre. Ballavano, una dopo l’altra, fino a fare vibrare anche la terra e il cielo, in una nuvola di polvere rossa che copriva ogni cosa.
  «Quando balliamo siamo libere come gli uccelli che al tramonto si specchiano nella luna piena», diceva la nonna.
Una sera lei ritagliò una striscia di stoffa del suo abito e mi fece un braccialetto. Sulla stoffa erano stampate così tante arachidi, che veniva voglia di sorridere solo a guardarle.
«Le arachidi dipinte sui vestiti portano la felicità!», esclamò. La nonna parlava di felicità, ma io ne avevo avuta molto poca nell’ultimo anno: mi ero ammalato, avevo dovuto rinunciare alla scuola. Eppure la nonna insisteva. Era la mamma della mia mamma e io il suo primo nipote. «Cheikh, tu sei forte. Il tuo nome significa Maestro. Insegna a te stesso come essere felice», ripeteva. Il sole stava tramontando dietro il grande albero di mango. Eravamo seduti davanti a casa. Non c’erano porte: solo tende che si muovevano scosse dal vento. L’abbracciai forte.
«Che gli spiriti dell’aria ti proteggano», disse. All’orizzonte i giganteschi baobab color cenere sembravano alberi rovesciati con le radici che traevano il nutrimento dal cielo.

La parola alla Giuria

È possibile insegnare la felicità? Probabilmente, sì. In che modo? Dando importanza alle piccole cose, rendendo la quotidianità qualcosa di straordinario e trasformando i piccoli e grandi ostacoli della vita in risorse, mettendole a disposizione di sé stessi e degli altri per generare valore nel mondo. È questo il grande insegnamento del libro E ora vi racconto Cheikh. Maestro di felicità edito da Beisler all’interno della collana Trasversale. Scritto da Emanuela Nava ed illustrato da Anna Sutor, questo libro per ragazzi e ragazze (ma anche per gli adulti che necessitano di tornare ad un entusiasmo fanciullesco verso le cose del mondo) è un piccolo gioiello di bellezza. La scrittura chiara, ricca di dettagli, ma mai noiosa – anzi, dinamica e appassionante – della Nava si completa attraverso le meravigliose immagini dalle linee e dai colori vivi e brillanti della Sutor, come se l’una senza le altre non potessero esistere. La storia è quella di Cheikh Diattara - è lui il «maestro di felicità» - un uomo di origini senegalesi, nato a Diender, e affetto, sin da piccolo, da una forma di poliomielite, il quale ha aperto un laboratorio di sartoria a Milano, nel quartiere Isola, insieme a Valeria Zanoni. Nel laboratorio di Cheikh si intrecciano i colori e le storie narrate dai Wax, tipici tessuti africani, e la moda italiana, riconosciuta nel mondo come icona di stile. Cheikh, però, è anche un giocatore di basket, un musicista e un dispensatore di speranza. Cheikh è tutto ciò che vuole. Il libro è un viaggio andata e ritorno (e poi di nuovo andata. E di nuovo ritorno) dall’Africa all’Europa, tra tradizioni, incontri e punti di vista diversi. E, attraverso i colori, l’arte, la speranza riesce a dar vita ad una narrazione coinvolgente, affascinate, quasi magica che non può non entusiasmare il lettore.

Alfonso Amendola

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