La donna immaginaria

Maria Rosaria Selo

La donna immaginaria

Premiato con targa XXXIII edizione del "Premio Città di Cava de’ Tirreni " anno 2016

Descrizione

Quattordici racconti in cui, alternando le visioni surreali della sezione Chiaroscuri all’amaro realismo della scatola nera delle storie. All’ironia dei racconti poco seri di eros e cucina, l’autrice rivela il profilo nascosto delle vicende. Lo fa immaginando retroscena possibili e talvolta ricomponendo imprevedibili finali.
La narrazione fluisce decisa, senza rinunciare alla delicatezza e alla sfumatura, cosicché il lettore, pagina dopo pagina, si ritrova avvolto da atmosfere misteriose, dove reale e fantastico, evidenza e intimità, luce e buio si fondono a far brillare il volto segreto delle storie.

L'autrice

La donna immaginaria

Scrittrice e sceneggiatrice di cortometraggi e documentari (Rai Sat – Saat 2000)
Ha pubblicato Iosonodolore (Ed. Kairòs 2013) tradotto in Francia nel 2018 (Je suis douleur, J.M.Desbois Editeur) La donna immaginaria (Ed. Kairòs 2014) premio Anna Maria Ortese e testo utilizzato dal laboratorio di scrittura del carcere femminile di Pozzuoli. La logica del gambero (Ed. Cento Autori) Doppio nero (Ed. Cento Autori) Non una di più (Guida Ed.) Antologia contro il femminicidio, con prefazione del Filosofo Aldo Masullo Le due lune (Guida Ed.)
Collabora con la rivista letteraria "Achab – Scritture solide in transito" (ad est dell’equatore ed.) e con il laboratorio di scrittura Cafè Culturel Italiennes in Francia.

Leggi il primo capitolo

L’anello

La mano inguantata sfiorò il corrimano d’ottone del piroscafo e un velo di salsedine si attaccò al guanto, che l’uomo sfilò. La pietra azzurra dell’anello che portava al mignolo splendette per un attimo al sole calante.
Mentre i tre fischi della sirena fecero volare lontano i gabbiani in moto sincrono e concentrico, una bruma scese palpabile nell’aria e il porto si aprì silenzioso accogliendo il piroscafo, che schiumava il mare con le sue eliche potenti. Di fronte, le luci accoglienti della città.
L’uomo scese dabbasso e recuperò il bagaglio a mano. Non aveva con sé molte cose. Giusto il necessario per trascorrere un paio di giorni. Appena mise piede sulla banchina, una pioggia sottile iniziò a scendere, ma lui noncurante indossò il cappello e si diresse verso l’albergo.

Nora Hotel
La camera era pulita. L’uomo tirò via il copriletto di velluto blu, sprigionando nell’aria un profumo di lavanda. Appoggiò la borsa sul vetro di un treppiede in ottone e tirò fuori penna e taccuino. Poi spostò la tendina di pizzo ecru e osservò lo specchio di mare nel quale luccicavano le luci rosse delle lanterne del vialetto d’ingresso. Bellissime felci e begonie variopinte resistevano all’aggressione della brezza marina e dell’imminente autunno. Guardando su, si accorse che il cielo era svanito dietro nuvole grigie e sottili.
La natura era tutto per lui. “La bellezza della natura è uno dei mezzi per arrivare alla felicità” diceva sempre e sempre la cercava, in ogni luogo, in ogni cosa.
Nonostante gli avessero sconsigliato di scegliere un albergo nelle vicinanze del porto, lui aveva deciso che sarebbe stato più semplice muoversi a piedi lì, dove conosceva tutto a menadito. Quindi si cambiò d’abito, controllò il denaro che aveva in tasca, prese i documenti dalla reception e uscì. Accanto al porto c’era una vecchia locanda dove il pesce fresco non mancava mai.
Intanto continuava a piovere. Riparato dall’ombrello, si avviò a passo spedito.
Appena ebbe svoltato l’angolo qualcosa attirò la sua attenzione. Seduto su di un marciapiede, c’era un ragazzino. L’uomo si fermò a osservarlo. Poteva avere più o meno dieci anni. Tremava. Portava una camicia lisa e bagnata. I pantaloncini di tela lo coprivano appena. Dai sandali di legno spuntavano i piedini sporchi, violacei per il freddo. I capelli attaccati al viso ne nascondevano i tratti.
Nella sua vita, l’uomo non si era mai fermato a pensare più di tanto alla carità cristiana ma, a quella vista, un’amarezza profonda gli pervase il cuore. C’era qualcosa, in quella creatura, che l’attirava come ferro a calamita. Si avvicinò, si chinò appena e coprì il ragazzino con il suo ombrello. Con due dita gli prese il mento per far sì che lo guardasse e gli scostò i capelli dal viso.
L’osservò sorridendo appena, ma la sua espressione si trasformò in sgomento. Quegli occhi incorniciati da ciglia altrettanto scure, disegnate ancora di più dalla pioggia, erano i suoi. Come se stesse osservando in un specchio vecchio di trent’anni, rivide il suo volto in quello del bambino. E lì, la reminiscenza. Nella sua mente riebbe i suoi dieci anni, gli anni dell’abbandono, dello sconforto. Gli anni in cui non ricordava un sorriso, né una carezza.
“Come ti chiami?” Gli chiese con dolcezza.
Il bambino schiuse tristemente le labbra.
“Ray…”
“Ray, e poi?”
“Solo Ray, Raynolds”.
L’uomo stette un attimo in silenzio, pensando a cosa potesse fare di buono per lui.
“Raynolds, ce l’hai una casa? Dove abiti?”
Il ragazzino scosse la testa. L’uomo comprese tutta l’amarezza di quel gesto.
“Vieni Raynolds, mangeremo qualcosa e poi vedremo il da farsi”.
Il ragazzino si alzò con sguardo riconoscente. L’uomo gli tese la mano. Raynolds gliela strinse e insieme si avviarono sotto una pioggia battente. Fecero pochi passi, quindi svoltarono ancora. La strada si aprì, mostrando una serie di vicoli a destra e a sinistra. Era un dedalo, reso ancora più tetro dalla pioggia. Una nebbia densa avvolse le loro teste e circondò i lampioni, mutandoli in lucciole giganti imprigionate da un’aura azzurrina. L’uomo fece per dire qualcosa e guardò il bambino che, con espressione maligna, gli sfilò l’anello in un gesto rapido da abile ladro, e ridendo scappò via sparendo tra i vicoli oscuri.
Invaso da un’ira furibonda, l’uomo scaraventò l’ombrello per strada e gli corse dietro.
“Raynolds!” Gridò, ma quella eco svanì tra i palazzi…

Gallery

La donna immaginaria
La donna immaginaria
La donna immaginaria
La donna immaginaria
La donna immaginaria
La donna immaginaria
La donna immaginaria


Torna ai libri