La lunga notte di Adele in cucina

Livia Aymonino

La lunga notte di Adele in cucina

Secondo premio Narrativa edita XXXIV edizione del "Premio Città di Cava de’ Tirreni " anno 2017

Descrizione

'La lunga notte di Adele in cucina': ricette e ricordi di Livia Aymonino per sessantenni (e non solo), in perenne lotta con l'età matura. L'Inverno sta arrivando dicono i personaggi nella famosa saga del 'Trono di Spade'. Sta arrivando, freddo e minaccioso, ma Adele non è preparata, così come la maggior parte della sua generazione, quella che compie sessanta anni oggi e arriva in motorino sull'orlo della vecchiaia, senza casco. Una generazione rimpianta, idolatrata, criticata, scorticata e celebrata come mai era successo, una generazione di giovani vecchi che ha saltato a piedi uniti la maturità.

Una comunità con una trama narrativa potente fatta di musica, di fotografie, di ricordi, di condivisione, che l'ha resa immortale e fragile in una eterna adolescenza protratta nei decenni. E adesso che l'inverno sta arrivando Adele si sente come se avesse uno spolverino addosso e dovesse affrontare il gelo di una nuova era, ostile e sconosciuta, scivolosa e piena di insidie. Come fare, come affrontare questa nuova età, avendo saltato quella, indispensabile, che avrebbe dovuto portarla fino a qui? Provando a tracciare un esile percorso, con una corda di salvataggio intrecciata di ironia e comprensione, che le permetterà, forse, di scalare quella indicibile montagna che si chiama tempo. E con la cucina, filo rosso di questa storia, che accompagna Adele tutta la vita e la ritrova, adesso, ancora con il grembiule addosso. Un romanzo di (non) formazione sul passaggio tra l'adolescenza canuta e la vecchiaia sconosciuta - paurosa sì - ma non ostile. Con nostalgia, curiosità, malinconia, dolore, affetto e, naturalmente, con le mani in pasta. Una lunga notte in cucina per lasciarsi dietro le spalle e una volta per tutte, il passato prossimo che morde i polpacci, e provare ad affrontare il futuro. Vuoi vedere che finalmente si diventa grandi? Buoni no, però.

L'autrice

La lunga notte di Adele in cucinaLivia Aymonino nasce a Roma sulla riva sinistra del Tevere. Giovanissima va a vivere da sola e comincia a lavorare e a cucinare per frotte di amici e conoscenti. Ha vissuto a Roma, New York, Milano e ancora Roma. Si è occupata, fuori dalla cucina, principalmente di comunicazione, di televisione e di discografia e ha collaborato con le più importanti aziende italiane. Oggi è presidente e partner di una società di consulenza per la comunicazione d’impresa. Sposata, due figli, scrive da sempre per raccapezzarsi nei pensieri. A novembre del 2013 è uscito il suo primo libro Sapori di Versi - ricette in rima e pensieri in cucina (Mursia).

La parola alla Giuria

Quello di Livia Aymonino non è il solito libro di ricette ma una sorta di romanzo di formazione che vede nell’ambiente di cucina lo spazio vitale dove riannodare i fili del vissuto. Come a rappresentare un baricentro esistenziale, ma anche la camera della memoria, la stanza della cucina diventa il luogo dove far scorrere la memoria della propria esistenza: amori, amicizie, racconti, viaggi scorrono come un film a puntate, dove ogni ricetta rappresenta un ideale episodio. Alla gustosa letterarietà del ricettario, dove le parole si fanno ingredienti e viceversa, si aggiunge un apparato di note che rappresenta l’altro tratto originale del romanzo: le note personalizzano e interiorizzano le formule del palato, forniscono curiosità, proprietà alimentare e aneddoti su ogni voce. Accompagnando i passaggi delle età della vita, l’autrice sembra ricordarci che l’atto del cucinare non è una mera giustapposizione di ingredienti da preparare e cuocere. Lontano dalla grammatica, cucinare diventa un verbo “riflessivo”, un atto di introspezione interiore, un modo per comprendere e accettare il mondo.
Concita De Luca

Leggi il primo capitolo

Quando ero bambina mia madre mi cantava una filastrocca, una filastrocca crudele, come molte della tradizione popolare, dove una formicuzza, per ottenere un pezzetto di un campo di lino accettava,
interessata e spudorata, la proposta di nozze di un grilletto, proprietario terriero, che lo possedeva in toto. E mentre la formica, con tanto di velo bianco e una buona dose da cacciatrice di dote, si accingeva a scambiarsi l’anello con l’ignaro e ingenuo grilletto, quello, che era pure goffo, pensava bene di cadere rovinosamente e di rompersi sull’altare “lo cervello”. A quel punto lei si dispiaceva, almeno un pochino, o faceva
finta di farlo, e si stringeva le zampette al cuore “per il gran dolore” (e forse anche per la gioia di avere l’intero campo di lino tutto per sé). Seguivano momenti concitati, scanditi dalle ore, dall’orto, dall’albero del pero, dal morto e dal cimitero. Ma ecco che, inaspettatamente, dall’aldilà del tiglio, verso le quattro, la formica concepiva un figlio e, con mia felicità assoluta, lo chiamava Mimì Lulù Ciccetto. Mimì Lulù Ciccetto vuol fare l’aviatore, ma siccome ha preso dal padre ed è un po’ imbranato anche lui, va a finire nel campo delle More. Le Belle More, innamorate pazze, lo proclamarono il Re delle Ragazze. The end.
Io sono la versione femminile di Mimì Lulù Ciccetto, figlia di questa filastrocca senza senso che mi insegue da quando sono bambina, dove però sono nate la mia parte formica e quella grillo. Metà di me è preda delle formiche della mia memoria, formiche che mi mangiano ma a cui devo dare da mangiare ogni santo giorno. Formiche pazienti, una sopra l’altra, una dietro l’altra, che costruiscono, briciola dopo briciola, il Formicaio della mia storia. L’altra invece è posseduta dai grilli, verdi, rumorosi e irruenti, che su questa memoria zelante ci saltano sopra senza pietà, custodi dell’adesso e del mai poi. Si ingozzano, i miei grilletti, di pane quotidiano, voraci e dimentichi, allegri, sazi.
Mimì Lulù Ciccetta sono io, metà formica e metà grillo, labile di memoria ma piena di ricordi.
Dentro ai miei ricordi smemorati ci sono quasi sessant’anni di vita e un’intera generazione, la mia, che è arrivata alle soglie della vecchiaia in motorino e senza casco, impreparata e con uno spolverino addosso.
Dedico a questi eterni adolescenti, che è vero che hanno saltato a piè pari la maturità immersi in un presente senza tempo, ma che sono stati anche i protagonisti di una formidabile stagione corale, la mia cucina e i
miei pensieri, i miei racconti e le mie omissioni, quello che è stato e che poteva essere, immaginando altro. Dedico a loro lo sforzo – impervio – di provare ad affrontare questa nuova età, senza rimpianti e senza paura, insieme, come abbiamo sempre fatto, anche se non è detto che questo ci farà diventare finalmente saggi, né tantomeno buoni.
Adele, la protagonista di questa notte interminabile dove nodi e ricordi vengono al pettine, sono io, è inutile girarci intorno.


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