La morte non mi ha voluta

Yolande Mukagasana trad. Cinzia Sciancalepore

La morte non mi ha voluta

Terzo premio ex aequo Narrativa edita XXXVII edizione del "Premio Città di Cava de’ Tirreni " anno 2021

Descrizione

6 aprile 1994. L’aereo del presidente dittatore Habyarimana viene abbattuto. Inizia il genocidio del Rwanda. In soli cento giorni vengono massacrati oltre un milione di Tutsi. Dalla radio giungono le seguenti parole: seviziare e uccidere gli scarafaggi. In una sola notte ammazzano ottomila persone, 333 all’ora, cinque al minuto. Senza bombe e fucili, ma a colpi di machete.

La morte non mi ha voluta accende la telecamera nel luogo in cui nessuno avrebbe mai voluto essere. Un’autobiografia dalle fosse comuni. Yolande Mukagasana sopravvive ai figli e al marito. È condannata a vivere, condannata a raccontarci la verità.

L'Autrice

La morte non mi ha voluta

Yolande Mukagasana è nata nel 1954 in Rwanda. Infermiera a Kigali, sopravvive al genocidio dei tutsi del 1994. Scappa in Europa e ottiene la cittadinanza belga. Qui inizia l’attività di scrittrice e attivista. Nel 2006 contribuisce alla costituzione della Onlus Bene Rwanda, con la quale lavora tutt’oggi per portare in tutto il mondo la sua testimonianza. A lei sono dedicati un targa e un albero nel Giardino dei Giusti di Genova e Milano. Ha inoltre ricevuto la “Menzione onorevole Unesco Educazione alla Pace” nel settembre 2003.

La parola alla Giuria

Si dice che il potere delle immagini sia superiore a quello delle parole, ma il libro di Yolande Mukagasana, già candidata al Premio Nobel per la Pace, lascia negli occhi del lettore scene di nuda crudeltà che non si dimenticheranno facilmente. È un racconto-verità che punta i riflettori su una tragedia contemporanea, il genocidio del Ruanda, consumatosi sotto gli occhi indifferenti del mondo intero. Per il solo fatto di essere donna e infermiera e quindi emancipata, Yolande è vittima delle carneficine operate dagli hutu che uccidono e mùtilano a colpi di machete. La tragedia che si consuma dinanzi ai suoi occhi però non si traduce in sete di vendetta e sfocia nel coraggio di raccontare perché nulla vada dimenticato. Dalla sommatoria di dolore si erge la forza di una donna che non rinuncia a presentare i conti alla storia e non perde l’amore per la sua terra. 

Concita De Luca

Leggi il primo capitolo

“Anche se passa le sue giornate altrove, Dio ritorna ogni notte in Ruanda”. Questo, nel mio Paese, è un proverbio più antico dell’invasione dei missionari. Sì, Imana veniva tutte le sere a dormire in Ruanda, si diceva. I preti ci hanno insegnato che bisognava chiamarlo Mungu, cioè Dio in swahili. Allora l’abbiamo chiamato Mungu. Ma molto presto, prima di nascosto e poi apertamente, abbiamo ripreso a chiamarlo Imana. E ci siamo messi a celebrarlo di nuovo, nella notte. È questa l’anima ruandese, ribelle all’indottrinamento. Intenda chi può.

Imana viene ancora tutte le sere a dormire nel mio Paese? Ed era da noi la sera del 6 aprile 1994? Non ci ha abbandonati nelle fauci del diavolo? Quel giorno, forse, la notte è scesa così velocemente che non ha avuto il tempo di tornare in Ruanda.

L'editore presenta il libro


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