Un condominio

Andrea Pamparana

Un condominio

Secondo premio Narrativa edita 40a edizione del "Premio Città di Cava de’ Tirreni " anno 2024

Descrizione

In un luogo imprecisato del deserto, in un giorno altrettanto imprecisato, un cammello fa un gran starnuto, infetta quel poco di erba che c'è in un'oasi e, giorno dopo giorno, un virus misterioso passa da un animale all'altro, fino all’uomo. E così, nel condominio di una cittadina del Nord, la vita quotidiana dei residenti subisce una svolta improvvisa e traumatica. Pensate allo psicoterapeuta che dall’oggi al domani non può più andare a trovare l’amante, si scambiano solo messaggi e videochiamate, ma la moglie se ne accorge e scoppia il dramma nel dramma. O alla giovane escort, che escort non è; all’infermiera che viene travolta dall’emergenza, ma che ha un problema per lei ancor più grave, la figlia anoressica; al Cavaliere obbligato dal figlio a trasferirsi in una casa di riposo; ai due skipper costretti a restare a terra per molti mesi, all’ottico inventore e un po’ matto, simpatico e gran chiacchierone. Queste sono le storie di una "commedia umana" sconvolta da un invisibile nemico. Un romanzo struggente, in cui Andrea Pamparana, ex vicedirettore del TG5, una della più importanti penne del giornalismo italiano, regala al lettore una commovente quanto lucida radiografia dei nostri tempi, segnati da dubbi ed incertezze. Tra fiction e realtà, emerge il quadro di un’Italia lacera e confusa, ma ancora in grado di amare.

L'Autore

Un condominio

Giornalista, scrittore, sceneggiatore, conduttore radiofonico e televisivo. Ha iniziato la carriera il 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro e della strage di via Fani. Da allora si è occupato di cronaca giudiziaria, politica estera e politica interna. Inviato per il Tg5, già capo della redazione milanese del Tg, ha seguito dal Palazzo di Giustizia di Milano tutte le fasi salienti della vicenda di Tangentopoli. Vicedirettore del Tg5 dal 2000 al 2016, ha condotto la rubrica L’Indignato speciale sia per il Tg5 sia per la radio RTL102,5. Ha scritto più di venti libri su temi di attualità nazionale e internazionale, oltre a sei romanzi. Collabora con il quotidiano La Ragione, è curatore di mostre di carattere storico per la società Publimedia e on line cura la rubrica Emoticon, opinioni a confronto e Il laboratorio del filosofare. È autore della rubrica Vita da Cronista per la rivista il Millimetro.

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Prologo

Una commedia umana

Un condominio di quattro piani, una palazzina in cortina, anni Sessanta, nella periferia verde di una qualsiasi cittadina del Nord Italia, non lontano dalla Stazione ferro-viaria dove si fermano ogni giorno decine di treni per portare nella vicina città studenti e lavoratori, pendolari.

La palazzina ha un nome, segnato sul catasto e messo in evidenza all’ingresso: Condominio 19.

Tre appartamenti per ciascuno dei quattro piani, dodici nomi segnati sulla pulsantiera del citofono.

La vita di ogni giorno, l’andirivieni delle persone, i saluti fugaci di individui che tra loro non hanno relazioni particolari, alcuni a malapena si conoscono, non si parlano se non con pochi cenni di buona educazione, buongiorno, buonasera, auguri alle feste comandate, qualche tensione inevitabile nelle annuali riunioni condominiali, i soliti, futili problemi che diventano drammi: l’ascensore, le pulizie, i rumori, l’auto parcheggiata male nel garage sotterraneo.

La normale routine di un condominio nella sua quotidianità.

Piano terra

A sinistra, di fianco all’ascensore, il dottor Marco Biraghi, medico di famiglia, che lavora dalle 10 alle 20 nello studio, assistito dalla giovane segretaria Emanuela, che trascorre le sue giornate davanti a un computer per rispondere ai pazienti che chiedono ricette che poi farà firmare al medico.

Un locale ampio, con un salotto arredato da poltroncine in finta pelle, un tavolino di vetro con le immancabili riviste vecchie di settimane, qualche brochure pubblicitaria di case farmaceutiche, dalle ore 15 le sedie occupate dai pazienti in attesa della visita col dottore, per lo più anziani. La porta sul pianerottolo viene tenuta accostata, onde evitare il continuo scampanellio dei pazienti che vanno e vengono, disturbando la quiete degli altri condomini, come da lettera raccomandata da parte dell’Amministratore, il ragionier Bastoni, sempre sul piede di guerra con tutti per le spese e le diatribe tra condomini.

Al centro, l’appartamento della signora Luigina Berti, vedova Bonomelli, settantenne ex maestra elementare, solitaria ma molto educata, che talvolta accoglie in casa alcuni bambini della zona per dar loro ripetizioni di italiano.

A destra un altro appartamento che funge anche da studio. Famiglia Castaldi: uno psicoterapeuta molto discreto, unico difetto la pipa, che rilascia talvolta il pro-fumo del tabacco lungo l’androne, per alcuni gradevole, per altri, che se ne sono lamentati, un puzzo insopportabile. Matteo Castaldi riceve due, tre pazienti al massimo ogni giorno, se ne sta rintanato nel suo piccolo studio, scrivania e poltroncina, altrimenti va a lavorare come psicologo.

La parola alla Giuria

L’ espediente narrativo che presiede alla stesura del manufatto letterario consiste nel radunare insieme, in una realtà già di per sé claustrofobica, personaggi che dal virus (un simil Covid, con l’inevitabile strascico di dolorosi abbandoni) saranno vieppiù costretti all’isolamento. È attiva la memoria dello Spoon river e forse del Nouveau Roman (ma si riconoscono altresì prelievi manzoniani), anche nella strategia narrativa di far raccontare n volte quanto è accaduto una volta. I vari personaggi sono diverse voci di un unico disagio esistenziale, di una malaise che tutto invade. Il condominio del titolo è uno dei “nuovi palazzoni alla periferia della città”, con i pianerottoli che diventano “terra di nessuno”, con appartamenti, definiti significativamente “loculi”, dove ognuno confessa, in soliloqui a perdifiato, la propria condizione di separatezza; la propria solitudine; il personale, sottile malessere. È una storia di perdenti, alcuni dei quali giunti al capolinea, rappresentato dall’ospizio, come il Cavaliere, che si gira per l’ultima volta a guardare la sua casa, dietro un vetro rigato da lacrime di pioggia. Domina per alcuni tratti nella prima parte del romanzo il grado zero della scrittura (l’autore è un giornalista di vaglia), esprimendo la Alltäglichkeit, la grigia quotidianità, la dimessa esistenzialità delle piccole cose, dei gesti sempre uguali; ma spesso, nella seconda parte, l’indignatio detta espressioni forti; sfocia nel turpiloquio, avvertito come esigenza di pulizia morale; fa impennare il dettato.

 Fabio Dainotti


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