Virità

Giusy Sciacca

Virità

femminile singolare-plurale

Primo premio migliore copertina "G. D'Ambrosio-P. Grimaldi"
XXXVIII edizione del "Premio Città di Cava de’ Tirreni " anno 2022

Descrizione

Qual è la verità? Domanda sbagliata. La verità non è mai solo singolare, ma di certo è femminile. Così le protagoniste di questi venti racconti, stanche di essere spesso dimenticate o travisate, prendono la parola per narrare loro la storia e spiegare al lettore la propria versione dei fatti. Alcune abitano sull'Isola dai tempi del mito, altre sono partite per poi ritornare, altre ancora sono arrivate in epoche più moderne, fino a giungere agli albori del Novecento. Sono dee, artiste, nobildonne, talvolta sante, ma anche rivoluzionarie, eretiche, scienziate. In una parola, donne. E non aspettano altro che essere ascoltate. Il volume – che è il risultato dell'intreccio di queste singole voci, scelte e filtrate dalla scrittura dell'autrice – diventa così plurale. Come la parola virità, femminile singolare-plurale.

L'Autrice

Virità

Giusy Sciacca, nata a Lentini, vive tra Roma e Siracusa. È controllora del traffico aereo, autrice di racconti, romanzi e testi teatrali. Scrive di libri per diverse testate giornalistiche – «La Sicilia», «SicilyMag» e «La Voce di New York» – e ha fondato il blog Parola di Sikula, dedicato ai libri e alla cultura. È inoltre ideatrice e curatrice del Premio Nazionale di Poesia Sonetto d’Argento Jacopo da Lentini.

Leggi l'incipit

INTRODUZIONE
La Sicilia è femmina. Da qualsiasi angolatura la si guardi. In prospettiva bi o tridimensionale. Sul fronte artistico, culturale e paesaggistico, la Sicilia è l’Isola Femmina.
Femmina come la triscele, icona indiscussa e onnirappresentativa della Trinacria.
Simbolo antichissimo che dalla cultura indoeuropea giunge attraverso i greci in Sicilia e la marchia a fuoco per sempre. Femmina come le tre ninfe girovaghe, come Medusa e come la principessa libanese, dalla quale si narra tragga il suo nome. Sicania dai sicani, Siculia dai siculi, Trinakie dai greci, Triquetra dai romani, o ancora, questa volta in riferimento al solo litorale messinese fino a Taormina, Vitulia.
Il nome dell’Isola del Sole è stato sempre, senza eccezioni, femminile. Da Omero ad Antioco da Siracusa, da Tucidide a Cicerone, fino a Dante e ancora molti, molti altri. Sicilia, terra fertile e feconda. È alla sua generosità materna che può farsi risalire l’origine etimologica del nome stesso. Sicilia deriva da sik, radice indogermanica che indica la crescita, il processo di maturazione. In greco questa radice è utilizzata in riferimento ad alcuni frutti che maturano velocemente, come per esempio il fico (siké), tipico dell’Isola, così come l’ulivo (elaia). Dalla fusione dei due termini odorosi nasce Sicilia, la meravigliosa terra della fecondità e della floridità.

Simbolo geografico, apotropaico e araldico, la Trinacria serba in sé il suo essere femminile legato al ciclo della vita, alla natura, al mito e al sapere di ogni tempo.
Eterogenea, multiforme. Accattivante, sensuale. Profonda, contraddittoria. Madre accogliente e figlia scapestrata. Urlo e sussurro, schiaffo e carezza. Isola e mondo. Ammaliatrice e tentatrice. Sedotta e abbandonata. Devota e meretrice per genetica. Scaltra e ingenua. Riservata e spudorata. Mito e storia, pagana e santa.
Non vi è custode più gelosa delle conoscenze del mondo d’Oriente e d’Occidente, recinzione e ingresso, ponte tra i due mondi. Non vi è terreno più fertile in cui le culture non abbiano germogliato, nello scorrere del tempo, stratificandosi senza perdersi mai.
Guardiamoci allo specchio, osserviamoci. Siamo tutto ciò che la nostra Isola ha conservato: dai greci agli arabi, ai normanni, a chiunque abbia ritenuto questa terra preziosa e degna di ogni sforzo pur di possederla. Perché chi l’ha bramata l’ha amata e l’ha vissuta prima di cederla, suo malgrado, a qualcun altro. L’Isola-Femmina è sopravvissuta, trasfigurata seppur immutabile, a guerre, conquiste, violenze e periodi oscuri nel corso dei millenni attraverso donne che hanno segnato la propria vicenda personale e quella di un intero popolo. Preservando e testimoniando sempre una, nessuna, centomila verità.
Il titolo e il sottotitolo racchiudono tutto il senso di questo progetto: un termine siciliano femminile singolare e plurale. Niente di più chiaro. La stessa virità può essere parziale, relativa e appartenere a una e a molte. Siano state esse regnanti, nobili o schiave e popolane, criminali o eretiche, donne di scienza e artiste, hanno vissuto da protagoniste più di quanto spesso la storia e la letteratura abbiano reso loro merito perché viziate da misoginia atavica, di frequente tanto interiorizzata da non essere percepita. A queste si aggiungono le nostre sante e le ninfe dalle quali spesso i riti religiosi provengono.
Nasce così questa raccolta, che non ha il solo scopo di ricordarle, ma si propone una sfida audace: vuole dare loro voce una volta per tutte. Uno spazio narrativo, esclusivo e condiviso, nel quale abbandonarsi e far fluire la propria versione dei fatti.
Pensieri, paure, emozioni. Le pulsioni che le hanno scosse, turbate e animate in momenti cruciali della loro esistenza. Saranno le protagoniste in prima persona a parlare, ognuna nel proprio contesto, con la propria personalità e direttamente dal proprio mondo. Momenti
emblematici della loro vicenda storica o leggendaria saranno spunto per un viaggio attraverso l’universo femminile nella sua multiformità tra le pagine più appassionanti della storia siciliana fino alla fine dell’Ottocento.
Tuttavia, questo volume non è rivolto solo alle donne o solo ai siciliani. «L’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto [...]», scriveva Goethe. È culla di cultura e storia in senso molto più ampio dei confini regionali e il vissuto delle protagoniste appartiene all’Italia intera e oltre.

Anche il pubblico maschile ricorderà o scoprirà di aver condiviso il lungo percorso dal mito all’unità d’Italia con donne dalla personalità affascinante.
Ho scelto di fermarmi – solo per adesso! – agli albori del Novecento perché avevo innanzi tutto bisogno di ripercorrere, sebbene a grandi passi, quasi duemila anni di storia. La mia, quella che appartiene prima di tutto a me. E avevo il desiderio di condividerla arricchendola di creatività e immaginazione. È un viaggio ed è anche un ardito esperimento, che volutamente contamina la narrazione con la drammaturgia. Lo è anche a livello linguistico per cercare di rendere in una forma moderna l’animo di donne che si sarebbero espresse ognuna con i propri mezzi e nel rispetto del contesto di appartenenza. Da un racconto all’altro nel libro si parla in greco, latino, arabo, ebraico fino all’arbërishtja e si pensa ancora in altre lingue come lo spagnolo e il francese. O in un siciliano impregnato di suoni e parole di origine lontana.
Non è stato facile selezionare le protagoniste. Alcune, da sempre, le avevo particolarmente a cuore, di altre, invece, mi sono innamorata durante un lungo, personale e mai concluso percorso di ricerca. Altre mi sono semplicemente venute incontro e abbracciandomi mi hanno donato i loro pensieri impolverati dal tempo. Se la ricerca, infatti, è appassionante, effettuare una selezione ed eleggere solo alcune donne da raccontare è una scelta difficile, a tratti perfino dolorosa.
Leonardo Sciascia ne era convinto: «l’intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione?». Ho immaginato, dunque. Tanto. Ho sentito parlare Santa Lucia dalla sua teca, Costanza di Svevia soffrire allontanandosi dalla costa siciliana che amava, la Baronessa di Carini implorare il suo carnefice. È così che nascono questi racconti semi-autobiografici, quasi dei monologhi, che vertono su informazioni storiche, documentali e letterarie.
Gran parte del mio lavoro non sarebbe esistito se alcune scrittrici che stimo molto non avessero dedicato il loro impegno prima di me in questa direzione: è per questo che il mio grazie sincero va a Marinella Fiume per la sua attività di ricerca e per aver curato il Diziona-
rio biografico Siciliane, una risorsa di nomi femminili preziosissima. A Maria Rosa Cutrufelli per lo sguardo e la produzione letteraria militante. Alla scrittura sanguigna, forte e ardente di Silvana Grasso. Alle conversazioni illuminanti con Annamaria Piccione, che nei suoi libri sa parlare agli adulti di domani.
Delle protagoniste ho cercato di interpretare il sentire, ciò che non hanno detto o non è stato sufficientemente ascoltato. Non hanno mai parlato così o non era stato permesso loro di parlare in alcuni precisi momenti. Adesso, sì.
Madri, figlie e sorelle nostre. Siciliane, sempre.

La parola alla Giuria

Premessa: Virità è un libro di Giusy Sciacca, pubblicato dalla sicilianissima Kalós, una casa editrice fondata nel 1989, che ha come missione quella di “diffondere il bello del territorio e ispirare i lettori a conoscerlo e preservarlo” e come motto, “l’accento sul bello”.  Ricco il catalogo, aperto ai romanzi e ai saggi, ma anche ai libri d’arte e ai libri illustrati per bambini. L’autrice, che nella vita è una “controllora” del traffico aereo, ha scritto diversi racconti e romanzi, ha un blog e collabora da anni con diverse testate giornalistiche, tra cui “La Sicilia”. Virità compare nella collana Fili e Trame.

Descrizione della copertina: se dovessimo definire con una serie di aggettivi la copertina realizzata per il volume di Giusy Sciacca da Flavia Filpi, che ne ha curato anche il progetto grafico, useremmo parole come: forte, chiara, sanguigna, passionale. Si, perché con segno netto, o meglio, con nette campiture, quasi ritagliate nei vari colori privi di sfumature, ma pieni e saturi (il blu scurissimo quasi nero, il rosa pallidissimo quasi bianco e soprattutto il rosso) nella prima di copertina, si ergono queste due figure femminili, di grande sensualità, di grande sintesi ed allo stesso tempo, di grande caratterizzazione, nei tratti e nelle espressioni. Il rosa pallido utilizzato per i volti ne fa due maschere tragiche, quasi da teatro greco, se non addirittura del teatro Noh giapponese, che contrastano con il mezzobusto ed i capelli, totalmente scuri e fusi tra di loro. Le due figure femminili appaiono assorte, se non imbronciate, incuranti l’una dell’altra, al punto di darsi le spalle. La composizione, che appare compatta, tende verso la sinistra (collegandosi così con il dorso e con la quarta di copertina) e si staglia su uno sfondo di un rosso molto intenso e saturo, che richiama quello delle labbra delle due donne. Queste due donne, l’una con il volto a tre quarti, l’altra di profilo, richiamano quasi, per il sapiente gioco di chiari e di scuri, le figure sensuali del britannico Aubrey Beardsley. L’impianto generale appare equilibrato e squillante insieme (per l’uso del rosso come sfondo che dilava letteralmente in tutta la prima e quarta di copertina); ribadiscono l’allineamento a sinistra delle figure, il nome dell’autrice, in alto in nero e in grassetto, il titolo di corpo maggiore, in bianco e grassetto, con il sottotitolo, totalmente in minuscolo, sempre in bianco di corpo minore e regular. La font è una variante (vedi la “a” minuscola del titolo) del Times New Roman. Chiude in basso e al centro, il tipogramma in bianco della casa editrice. Come prima accennato, le figure e lo sfondo della prima di copertina sono strettamente collegate con il dorso (attraverso l’intreccio dei capelli) e con la quarta di copertina (la terza figura che non è altro che la replica di una delle due della copertina), la qual cosa è particolarmente evidente nel banner realizzato per la promozione del libro. L’individuazione della copertina vincitrice scaturisce principalmente dall’innovativo linguaggio visivo oltre alla contemporanea impronta stilistica assegnata al prodotto editoriale in gara.
Claudia Imbimbo

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